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Roma, i ritardi e Spalletti: Gervinho, prima da ex

L’ivoriano affronta la ‘sua’ Roma con tanta voglia di stupire ancora. In capitale la sua maturazione, non senza colpi di teatro

Gervinho ha l’Africa nel cuore e – probabilmente – pure un po’ di Roma. La società che con Rudi Garcia l’ha voluto fortemente e se lo è goduto forse nei suoi anni migliori. Se da quelle parti gli hanno coniato il soprannome di La freccia nera, un motivo ci sarà. Le sue proverbiali sgroppate sono ancora impresse nella mente dei tifosi della Roma, che se ne sono innamorati subito per il suo fare modesto, per la sua affabilità e per la sua disponibilità. Lo ha detto in tante interviste, Gervinho, che a Roma si è trovato alla grandissima. Trigoria era il suo mondo, più o meno come Collecchio e l’abitazione dove vive adesso, ad Arola, nei pressi di Langhirano, dal villone con tanto di campetto da calcio dove si gusta il panorama della sua nuova casa, più raccolta e tranquilla rispetto alla dispersiva confusione di Roma.

Città che non ha mai dimenticato, alla quale ha dato tanto. In tre anni (dal 2013 al 2016) 71 presenze e 17 gol con la maglia giallorossa, ma tante corse e prestazioni che gli hanno fatto guadagnare l’affetto di una piazza che lo ricorda con nostalgia. Giunto dall’Arsenal, su richiesta di Garcia che lo aveva allenato al Lilla, Gervinho ha vinto anche la Coppa d’Africa con la Costa d’Avorio mentre era in giallorosso. E’ stato un po’ lo spartiacque della sua avventura a Roma, dove ha fatto benissimo fino a quel periodo. I suoi guai, si fa per dire, cominciarono proprio dal febbraio del 2015 quando tornò dall’Africa da trionfatore.

Garcia e la Roma lo aspettavano per il mercoledì, lui arrivò con qualche giorno di ritardo. Diede la colpa agli orari di volo, capita spesso ai giocatori. La sua scusa resse, ma non sempre fu riconosciuta. Come quella volta che in patria, dopo un’amichevole con il Camerun, Gervinho chiese ai controllori di volo di chiudere un occhio e far salire a bordo una donna non registrata. Senza documenti, né prenotazione, i controllori gli abbonarono il servizio ma a bloccare le operazioni di imbarco fu il comandante che si mise di mezzo e fece saltare il piano di Gervais.

Malintesi, come quelli che Gervinho ha avuto spesso con Spalletti. L’ultimo decisivo per spingere l’ivoriano verso la Cina. Oltre agli otto milioni all’anno, un buon motivo per andare via da Trigoria è stato rappresentato da un animato dibattito con il tecnico toscano che non tollerava il suo ‘scarso’ professionismo. La lite in palestra fu l’ultimo atto di un rapporto brevissimo e burrascoso che portò Gervinho a lasciare Roma ma mai a dimenticarla. Anche quando era in Cina, Gervais tornava in capitale per il gusto di viverla. Adesso, affronterà la Roma da avversario. Per la prima volta. Non sarà una semplice partita, non può esserlo.

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