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Amarcord: il rinvio con l’Udinese

Quattro anni fa si toccò uno dei punti più bassi nella storia del Parma che poco dopo sarebbe fallito sotto un mare di debiti

Il 20 febbraio del 2015 resterà una data tristemente indelebile nell’ultracentenaria storia del Parma, all’epoca oberato dai debiti e ormai sull’orlo del fallimento: quel giorno, infatti, il presidente della Figc, Carlo Tavecchio, ordinò il rinvio della partita casalinga con l’Udinese che si sarebbe dovuta giocare la domenica seguente al Tardini. Una scelta inevitabile, dopo il provvedimento del Prefetto di Parma di farla disputare esclusivamente a porte chiuse, soluzione non condivisa da calciatori e allenatori di entrambe le squadre. L’assenza degli steward, rimasti da mesi senza stipendi, non avrebbe garantito le condizioni minime di sicurezza e si arrivò ad una decisione inedita in serie A.

Nonostante le continue rassicurazioni del neo presidente Giampietro Manenti, il terzo proprietario di quella disgraziata stagione, che aveva predicato pazienza chiarendo che i soldi c’erano e sarebbero arrivati a breve. Ma la sua ostentata tranquillità non corrispondeva di certo allo stato d’animo del capitano Alessandro Lucarelli, che al pari di tutta la squadra non si allenò nemmeno in quel tremendo venerdì di quattro anni fa. “Le garanzie? Ad oggi non ce ne sono. L’appoggio delle istituzioni? Se venivano prima era meglio, ma il fatto che ci siano può essere una cosa che va a nostro vantaggio. L’idea è quella di fare fronte comune, di unirsi e di essere pronti se ce ne fosse bisogno nel caso che l’attuale presidente non presti fede agli impegni presi. La cosa più urgente è quella di salvare la società“.

Scese in campo anche il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, che però non diede mai molto credito a Manenti.”Abbiamo preso in mano la situazione, nel senso che abbiamo deciso di fare dei tavoli costanti ogni giorno per fare il punto della situazione assieme all’Aic, alla Figc, alla proprietà e agli avvocati. La situazione è sicuramente critica, ci sono ancora molti punti oscuri anche per noi. Manenti? Al momento non ci sono garanzie, io non ho visto niente: non credo bastino le parole per pagare i conti e risolvere le pendenze. Penso che la pazienza sia già ampiamente finita, il vaso è colmo”. Fu l’anticamera del successivo arresto dell’imprenditore milanese e, soprattutto, del crac Parma Fc, dichiarato fallito dal Tribunale il 19 marzo sotto un mare di 218 milioni di debiti. Si ripetè a lungo il ritornello “mai più casi Parma“: il Parma è risorto dalle ceneri ma poco nulla è cambiato nel calcio italiano.


 

 

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