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Difesa a tre, un’arma in più per D’Aversa

Nella ripresa contro il Napoli il tecnico del Parma ha cambiato sistema di gioco e qualcosa di più si è visto fino all’errore fatale di Biabiany

Nei primi minuti della ripresa, sul punteggio di 0-2 in favore del Napoli, il tecnico D’Aversa ha rotto gli indugi decidendo di rivoluzionare il modulo (4-3-3) a lui più caro: fuori l’evanescente Machin, autore di un debutto troppo timoroso in serie A, dentro non i pari ruolo Barillà o Dezi bensì un altro attaccante, Siligardi. Il Parma cambia faccia e passa all’inedito 3-4-2-1 nel tentativo di rischiare il tutto per tutto e provare a riaprire una partita, all’apparenza, già chiusa. “L’avevamo provato in settimana“, l’ammissione nel dopo gara di Gobbi, avanzato a sinistra sulla linea dei centrocampisti, che fa capire come non sia stata una scelta della disperazione dettata da strane alchimie o pura improvvisazione.

GLI INTERPRETI. D’Aversa ha “sconfessato” la sua filosofia sistemandosi a tre in difesa, Iacoponi, Alves e Gagliolo, quattro a centrocampo, Biabiany e Gobbi esterni con Kucka e Rigoni in mezzo, e il tridente mascherato composto da Siligardi (che tendeva ad accentrarsi posizionandosi quasi da rifinitore),Inglese e Gervinho, molto più pericoloso in questa fase che nella prima parte. Le controindicazioni, messe già in preventivo, erano traducibili in una costante esposizione alle ripartenze degli ospiti che in velocità e nei fraseggi stretti sanno essere letali.

REAZIONE GENEROSA. Può sembrare un paradosso -bisogna tenere conto del normale rilassamento dei partenopei- però da quel momento i crociati, decisamente più propositivi, si sono risvegliati dal torpore e hanno costruito più di un’occasione per rimettersi in carreggiata. Dopo una manciata di secondi il rigore concesso e revocato dal VAR, poi la conclusione da fuori di Gervinho alzata in corner da Meret e la sensazione diffusa che l’ingresso di Siligardi abbia portato maggior freschezza e vivacità alla manovra offensiva fin lì asfittica. Più brillantezza e imprevedibilità davanti ma anche più spazi concessi al Napoli che, complice il doppio vantaggio, aveva alzato il piede dall’acceleratore.

ERRORE FATALE. A far calare definitivamente il sipario è l’errore colossale di Biabiany che effettua un indecifrabile disimpegno all’indietro e serve in maniera involontaria Milik, lesto a puntare Alves, rimasto nelle vesti di ultimo uomo, e trafiggere Sepe nell’angolino. E’ il 28′ del secondo tempo e quella grave disattenzione individuale cancella il buonissimo scorcio dei padroni di casa, non usuale per chi spesso era calato alla distanza. Una soluzione d’emergenza, vedi anche l’assenza di Bastoni (che all’Atalanta giocava con quel modulo), e necessità che potrà essere riproposta in alternativa al 4-3-3 ormai studiato a memoria dagli avversari.

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