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D’Aversa riabbraccia il suo pretoriano

Il capitano Bruno Alves ritrova il campo dopo tre partite, il gol (l’ultimo in casa contro il Chievo su punizione) e la sua leadership

Partiamo dall’abbraccio. Quello che ha messo di fronte il comandante e il condottiero. Roberto D’Aversa e Bruno Alves a un certo punto si sono stretti in un abbraccio commovente, pieno di energia, prepotente. Come la sassata che Davide ha scagliato verso Golia, colpendolo in modo tale da azzerare le differenze. Solo che Davide, a tratti, è sembrato il Milan e Golia per buona parte della gara lo ha fatto il Parma. Un gigante a confronto di un piccolissimo Diavolo spaventato, con il forcone in tasca e le fiamme della Champions che hanno finito per spaventare più i rossoneri che non il Parma, bravo a non cadere succube della reverenza della “big” e a prendere coraggio mano a mano che il Milan gli lasciava il campo.

LEADER. L’abbraccio, dicevamo. Sintomatico e allusivo di una rimonta che sa di punto d’oro, dal quale deriva la consapevolezza che chi lotta fino alla fine può riemergere dagli abissi. Un abbraccio che ha sottolineato l’unità di intenti e la coesione di un gruppo, ha rinforzato la leadership di Bruno e innalzato il carisma del portoghese eletto dai compagni a uomo simbolo della lotta. Evidentemente il ghigno cattivo di Magellano fortifica le speranze di una squadra cresciuta nelle ultime uscite grazie anche al coraggio del suo tecnico, bravo a cambiare qualcosa. Qualcosa soprattutto nella testa dei sui ragazzi, abili a interpretare il messaggio di sofferenza propedeutica alla gloria non ancora raggiunta ma più vicina.

SPECIALISTA. Grazie anche alla sassata di Alves. C’è da dire che nel warm up il capitano aveva provato a calciare da lì, dalla stessa zolla, senza risultato. Non contava tanto, non era un tiro voluto. Più una prova che altro, nel riscaldamento se ne fanno tante di prove. Diciamo che stava lavorando per diventare il difensore che ha segnato di più su punizione diretta nei cinque maggiori campionati europei. Non male. Bruno ha sistemato quella palla con cura, la stessa di chi si prende la responsabilità di custodire un oggetto preziosissimo, ha pesato la sfera e l’ha scaraventata in porta con la forza giusta per ribadire che il Parma è vivo e non molla. E con lui neanche il suo capitano, che si è battuto la mano sul petto e si è lasciato sommergere dall’affetto dei suoi compagni. Per i quali è stato sempre un leader.

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